Monastero di S. Maria Maddalena

Monastero di S. Maria Maddalena
L'attuale complesso manastico di S. Maria Maddalena sorge sui resti di un edificio preesistente documentato a partire dalla prima metà del XIV sec. ed abbandonato già all'inizio del secolo successivo per le precarie condizioni strutturali. Permanevano tuttavia i beni, confluiti in seguito nel patrimonio della Curia di Senigallia, mentre un considerevole lascito testamentario, l'eredità Piccini, era direttamente gestito dalla Fabbrica di San Pietro. Nella seconda metà del Cinquecento una comunità di suore clarisse di Pesaro si fece promotrice della riedificazione del complesso religioso insieme al Comune di Serra De' Conti,
 
dopo aver ottenuto l'interessamento di papa Gregorio XIII. Questi, con "Breve" del 1574, sollecitò la Curia di Senigallia affinché scorporasse i terreni del Monastero di S. Maria Maddalena, disponendo inoltre la restituzione dell'eredità Piccini al Comune di Serra De' Conti per la riedificazione del complesso monastico. I lavori terminarono nel 1586 e il monastero fu nuovamente abitato da giovani claustrali che vennero istruite da tre suore inviate appositamente dal monastero di clarisse di Santa Lucia di Arcevia. Divenuto negli anni ricco e signorile grazie alle doti delle novizie ed ai lasciti delle nobili famiglie locali, si distinse dal Monastero di San Carlo Borromeo, fondato nel secondo decennio del Seicento e destinato ad accogliere le postulanti meno abbienti. Nella seconda metà del XVII secolo iniziarono i lavori per l'ammodernamento dei locali; nel 1726 venne acquistato l'adiacente Palazzo Palazzi (oggi sede comunale), ben presto inglobato nel complesso monastico. Un grave colpo fu inferto alla vita della comunità dalle soppressioni Napoleoniche del 1810, in seguito alle quali alcune suore si rifugiarono nella nobile casa degli Honorati, mentre altre fecero ritorno in famiglia. Sebbene si provvedesse al salvataggio di suppellettili e di arredi mediante l’affitto a prestanomi, questo fu tuttavia un periodo di distruzione, vendite e alienazioni; si salvarono soltanto i numerosi oggetti d'uso comune. Nel 1823 le suore rientrarono in monastero per affrontare, di lì a pochi decenni, un ulteriore momento drammatico a causa delle nuove soppressioni degli ordini religiosi, avvenute nel 1861 in seguito all'unificazione del regno d'Italia. Persero la proprietà, ma riuscirono a conservare la residenza che, seppure ridotta negli spazi, poteva ospitare anche undici clarisse provenienti dai soppressi monasteri di Belvedere Ostrense e di Ostra. Nel 1902 le suore acquistarono dal Comune la porzione di edificio dove risiedevano, ma di lì a poco, con l'inizio della Prima Guerra Mondiale, fu loro ordinato il trasferimento ad Arcevia per volontà del vescovo di Senigallia.
 
I Portici
. In quell'occasione tutto il paese insorse e vi è ancora memoria di una sassaiola rivolta contro le carrozze venute a prelevare le monache, le quali, grazie anche all'intervento degli abitanti del paese, riuscirono a non abbandonare il monastero. Con grande consapevolezza storica seppero conservare il patrimonio mobiliare, respingendo le richieste pressanti del mercato antiquario. Nel Monastero di S. Maria Maddalena visse tra la fine del XIX secolo e il primo quarto del secolo successivo una suora di origine africana, liberata dalla schiavitù per opera di un sacerdote italiano. Zeinab Alif, sudanese, giunse in Italia all’età di dieci anni e venne affidata alle cure delle clarisse del Monastero di Belvedere Ostrense, dove fu battezzata con il nome di Maria Giuseppina Benvenuti assumendo il cognome della madrina. Consacrata nell’Ordine di S. Chiara, rimase a Belvedere fino al 1894 quando, a causa della soppressione del convento, dovette trasferirsi a Serra de’ Conti presso il Monastero di S. Maria Maddalena, dove divenne Vicaria, Maestra delle novizie ed infine Abbadessa. La "Moretta", come veniva chiamata, mise al servizio della comunità delle clarisse la propria formazione non solo spirituale ma anche musicale, espandendo la fama di eccellente organista anche al di fuori delle mura monastiche. Si spense la sera del 24 aprile 1926, dopo un’esistenza interamente spesa per i valori evangelici. Nel 1987 è stata avviata la Causa di Canonizzazione.